PIÙ DI UN TERZO DELLE PATOLOGIE NEI BAMBINI È DOVUTO A FATTORI AMBIENTALI MODIFICABILI

Quando l'ambiente fa paura

Intervista con Roberto Romizi - Presidente Associazione Medici per l'Ambiente - ISDE Italia

L'Associazione Italiana Medici per l'Ambiente è nata per stimolare l'impegno dei medici per la salvaguardia dell'ambiente sia in quanto medici che abitanti della terra. Dal momento che i rischi per la salute sono inequivocabilmente legati al degrado ambientale e agli stili di vita, i medici devono orientare il loro ruolo professionale e civile per promuovere la salute anche attraverso scelte di tutela ambientale; oggi infatti, l'inquinamento dell'ambiente di vita e di lavoro è sempre più spesso causa o motivo di aggravamento di numerose patologie. Con la nascita dell'ISDE Italia si è voluto valorizzare il ruolo di interfaccia che il medico può svolgere tra il mondo della ricerca scientifica e quello dei tecnici che si occupano di salute, per una corretta diffusione delle conoscenze relative ai problemi della salute legati all'ambiente. Roberto Romizi, che abbiamo intervistato, è il Presidente.


Presidente, la relazione tra ambiente e salute. Per i più è chiara, per altri è però sopravvalutata. Come stanno le cose?
Nel corso dell’ultimo secolo e soprattutto negli ultimi decenni, l’uomo ha prodotto e immesso nella biosfera una quantità immensa di molecole artificiali, trasformato interi ecosistemi biologici e virali, ampliato la gamma delle fonti e forme di energia radiante. Parlare di ambiente e salute significa in primis cercare di valutare quali potrebbero essere gli effetti bio-molecolari di questa trasformazione drammatica e complessa, che da alcuni decenni mette sotto pressione l’intera biosfera e in particolare l’assetto genetico ed epigenetico degli organismi superiori. Sarebbe importante riconoscere che per valutare correttamente l’impatto biologico, e quindi sanitario, dell’attuale modello di sviluppo non si può prescindere da una riflessione più complessiva sul rapporto, in via di vertiginosa trasformazione, tra uomo e ambiente. La stessa Rivoluzione Epidemica del XX Secolo, consistente in una drammatica riduzione delle patologie acute da cause esogene e in un altrettanto significativo incremento delle patologie cronico-degenerative su base endogena appare sempre più chiaramente correlata alla repentina alterazione dell’ambiente prodotta dall’uomo ed alle conseguenti trasformazioni (epi)genetiche che avvengono nelle prime fasi dello sviluppo del feto e del bambino. In questo contesto si colloca e comprende meglio l’allarme, concernente le alterazioni dello sviluppo neurologico infantile secondarie alla diffusione in ambiente di metalli pesanti, distruttori endocrini e altre molecole mimetiche, lanciato ormai da decenni dai ricercatori di tutto il mondo e recentemente ripreso da ricercatori della Harvard School of Public Health e da The Lancet con la definizione, allarmata e allarmante, di “Pandemia Silenziosa”.

Si può fare una stima? Quanto incide un ambiente degradato o l’esposizione a sostanze nocive sull’uomo?
Pruss-Ustun e Corvalan (OMS, Maggio 2006) stimavano che il 24% della malattie e il 23% delle morti possa essere attribuito ai fattori ambientali. Più di un terzo delle patologie nei bambini è dovuto a fattori ambientali modificabili. Stime precedenti delle malattie attribuibili all’ambiente, derivate in parte dall’opinione di esperti, erano in generale accordo. Se però consideriamo la suddetta tematica della “Pandemia Silenziosa” (in primis le possibili conseguenze dell’inquinamento chimico delle catene alimentari e gli effetti di questo sullo sviluppo embrio-fetale), il discorso cambia: potremmo addirittura asserire che la percentuale delle patologie direttamente o indirettamente collegate all’attuale, repentina trasformazione – chimico-fisica ed eco-sistemica – dell’ambiente sfiorerebbe il 100%.

Quali sono le patologie più frequenti, dovute ad un ambiente degradato?
In genere ci si limita a prendere in considerazione alcune patologie respiratorie o al limite cutanee o gastroenteriche, connesse a una diretta esposizione a specifici fattori ambientali.
Se invece, sulla base di una letteratura scientifica sempre più ricca e convincente, si accetta il quadro di riferimento su accennato, appare evidente come l’occidentalizzazione (e la rapida trasformazione ambientale che ne è conseguenza) sia all’origine di buona parte delle patologie cronico-degenerative in aumento il tutto il mondo: patologie cardiovascolari (essenzialmente legate al fatto che l’inquinamento atmosferico determina una flogosi degli endoteli e apre le porte all’aterosclerosi); patologie neuro-degenerative (in particolare l’Alzheimer, che ha avuto un incremento esponenziale negli ultimi anni: anche in questo caso è documentato un effetto dei metalli pesanti quali catalizzatori della deposizione di beta-amiloide a livello cerebrale); malattie immuno-mediate (allergie, malattie autoimmuni: da un lato collegate a precise alterazioni ambientali/antigeniche, dall’altra ad una imperfetta modulazione del sistema immunocompetente); malattie endocrino-metaboliche (la stessa epidemia di obesità, sindrome metabolica, diabete II essendo collegata ad alterazioni epigenetiche-programmatiche a carico di organi e tessuti endocrino-metabolici), neoplasie.. Proprio in ambito oncologico le notizie sono particolarmente allarmanti, specie per quanto concerne l’incremento dei tumori dell’infanzia, che è particolarmente significativo nei primi due anni di vita (con buona pace di quanti si ostinano a considerare i tumori malattie genetiche essenzialmente dovute ad un accumulo di “mutazioni casuali”).

Che ruolo può e devono giocare i medici nei processi ambiente-salute?
I medici possono dare un notevole contributo ai processi ambiente-salute correlati, in quanto la loro professionalità implica molteplici ruoli. Il medico è un informatore ed un educatore, può essere un esempio di comportamento. È un ricercatore e un divulgatore in ambito scientifico. Può inoltre farsi promotore di iniziative volte a stimolare i politici e le istituzioni.
L’impegno della professione medica per la tutela dell’ambiente è stato riaffermato in Italia nel nuovo Codice Deontologico della Federazione degli Ordini dei Medici e Chirurghi con l’inserimento di un apposito articolo dedicato all’“Educazione alla salute e rapporti con l’ambiente” che recita: “Il medico è tenuto a considerare l’ambiente nel quale l’uomo vive e lavora quale fondamentale determinante della salute dei cittadini. (…) Il medico favorisce e partecipa alle iniziative di prevenzione, di tutela della salute nei luoghi di lavoro e di promozione della salute individuale e collettiva”.

Non solo impegno diagnostico-terapeutico o nella prevenzione. Ci si gioca molto anche sul tema dell’informazione. In questo campo il ruolo dei medici non è un po’ troppo limitato? Non si potrebbe fare di più e meglio?
I medici sono una categoria di opinion leaders che si sta sempre più rendendo conto della necessità di impegnarsi, non solo nel campo diagnostico-terapeutico, ma anche in quello della prevenzione e della identificazione e comunicazione dei fattori di rischio. Anche in questo senso mi pare si possa affermare che negli ultimi anni il ruolo di ISDE nel campo della formazione e dell’informazione sul territorio è cresciuta, in particolare grazie ai protocolli di intesa con associazioni pediatriche e ambientaliste e alla grande “alleanza” con gli Ordini dei Medici e con la FNOMCeO.

Trova dall’altra parte cittadini attenti alla problematica?
Negli ultimi anni si registra una forte attenzione dell'opinione pubblica nei confronti dei problemi ambientali e della loro incidenza sulla salute.
Già nel 2007 un rapporto di Legambiente, specifico sulla percezione dei problemi climatici, tra le paure degli italiani si evidenziava al secondo posto l'inquinamento, seguito a non molta distanza dall'effetto serra. Problemi temuti da quasi il 60% della popolazione (che, però spesso si tira indietro quando il risparmio energetico intacca le comodità personali).
La risoluzione delle problematiche ambientali chiama in causa un insieme di attori, (istituzioni, agenzie di formazione, cittadini), che sono responsabili di non amplificazioni il problema. Se non si mettono in atto politiche atte a contrastare l'inquinamento e l'emissione di sostanze nocive nell'ambiente, potrebbe in un futuro non troppo lontano diventare irreparabile. A questo proposito la soddisfazione nei confronti dell'operato dei governi in tema di ecologia non è molto alta.
Gli italiani sono disposti a mettere in pratica alcune regole elementari per cercare di risolvere problemi ambiente-salute correlati. La propensione a cambiare alcuni stili di vita cala però quando si deve mettere mano al portamonete o si devono limitare le proprie comodità giornaliere. Per questo è importante tenere a mente che l’educazione ambientale collegata ad una corretta educazione sanitaria è da considerarsi uno degli strumenti più efficaci per accrescere la conoscenza e la cura verso l’ambiente da parte di tutti i cittadini, bambini, giovani e adulti.

Infine Presidente. Le amministrazioni locali e nazionali dovrebbero avere come priorità nelle loro scelte la salute e la salubrità ambientale. Oggi è così?
La salute di una comunità è correlata a fattori genetici, sociali, economici e ambientali, allo stile di vita e all'accesso ai servizi. Le amministrazioni locali e nazionali dovrebbero avere come priorità nelle loro scelte la salute e la salubrità ambientale.
Nessun singolo settore, istituzione o agenzia può controllare da solo i fattori determinanti della salute; solo con un lavoro interistituzionale e intersettoriale si può garantire un'ampia gamma di iniziative, progetti e politiche di promozione della salute. È necessaria una strategia integrata tra organismi governativi e non, nei possibili ambiti di intervento territoriale: dall’azione dei medici, all’azione nelle scuole, agli interventi delle amministrazioni locali, agli interventi governativi, alle convenzioni internazionali, attraverso attività formative basate su dati epidemiologici.



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